E’ ormai assodato come la passione per la ricerca dei funghi stia coinvolgendo, negli ultimi anni, sempre piu’ persone, contendendo il podio al piu’ blasonato gioco del golf.
Solo pochi anni fa’ era raro vedere, in settembre, citta’ pedemontane gia’ sveglie alle 5 del sabato mattina: ora invece, intraprendere un’uscita a funghi, nei periodi giusti, significa unirsi al mega serpentone di auto e fuoristrada che, dopo il tradizionale caffe’ al bar, si diramano fin negli angoli piu’ angusti del nostro appennino.
Ma non solo: c’e’ addirittura chi, anticipando la sveglia, gioca la carta del precedere tutti quanti a rimpinguare, armato di torcia frontale, la schiera dei cosiddetti “minatori del weekend” che, ancora col buio, illuminano a giorno le zone piu’ ambite.
Del resto ognuno a questo mondo, purtroppo, si diverte come crede, ma a mio parere esiste una sorta di “deontologia hobbistica fungaiola” che, nel completo rispetto dei boschi, detta alcuni principi fondamentali che permettono di restare nel campo del puro divertimento, senza sfociare in eccessi che nulla hanno a che vedere con la pratica del cercar funghi.
La semplicita’ di approccio (scarponcini, cesto e bastone), unitamente alla facilita’ di accesso ai nostri monti, oltre alla chiara occasione di una sana boccata d’aria, hanno fatto si’ che, negli ultimi tempi, di fungaoli od aspiranti tali si sia formato un vero esercito, la qual cosa, se da un lato mi allieta, pensando ad un appennino fortemente rivalutato ed apprezzato per le bellezze e risorse che riserva, dall’altro mi turba e non poco, specialmente nel vedere come vengono abbandonati i boschi al termine della stagione.
Ho avuto modo di parlarne piu’ volte con compagni di ventura, anche nel bosco, alla vista di certi comportamenti, e qualche conclusione l’abbiamo anche tratta: ho notato infatti che i peggiori comportamenti sono messi in atto da persone che da poco si sono avvicinate a questo stupendo hobby, in compagnia di maestri senza curriculum, che non si curano di “tirare le orecchie” ai remigini, facendogli notare quello che si deve fare rispetto a quello che non deve essere fatto.
Ritengo a questo riguardo sia necessario fare una netta distinzione tra chi si avvicina al bosco convinto da amici o per caso, rispetto a chi il bosco ce l’ha nel DNA perche’ passione tramandata direttamente da genitori o nonni, risalente ad anni nei quali l’appennino era la meta per quella che allora era chiamata la “villeggiatura” estiva, e non vacanza o settimana di ferie.
Erano tempi in cui le dolomiti erano lontane come il K2, e quando parlavi di mare parlavi di colonie comunali e non di villaggi o resort; allora in villeggiatura molto spesso ti ci portavano i nonni, perche’ i genitori erano impegnati al lavoro: ci andavi d’estate, dopo la fine delle scuole, spesso i paesini coincidevano con i luoghi d’origine dei parenti stretti.
In questi luoghi imparavi ad andar per boschi, il bagno nel torrente era un evento, passavi pomeriggi a raccoglie frutti per marmellate ed, ovviamente, d’autunno, ritornavi a cercar funghi e successivamente castagne, fino al sopraggiungere delle prime nevicate, quando i genitori piu’ arditi ti facevano concludere la stagione con slitta e bob.
Avevi così il tempo e l’occasione per assimilare dagli anziani il perche’, ed il come vivere la natura, mentre nascevano in te smanie e passioni difficili da dimenticare: quante volte, da adolescenti, avete passato notti pressoche’ insonni nel porgere l’udito al piu’ piccolo rumore o scricchiolio di casa che facesse presagire che tuo padre si stava alzando per svegliarti di buon mattino per una giornata a funghi nei boschi, ponendo fine ad una lunga attesa sveglio sotto le coperte?
Personalmente ho avuto come maestra mia nonna, la mitica Silvia, appassionata di funghi e di caccia; con lei ho vissuto giornate intere per boschi sui monti dell’Abetone, quando, da Firenze, mi prendeva con se per la villeggiatura.
Avevo 4 anni, non mi ricordo di porcini o cesti di funghi in particolare, ma di camminate sì, sotto immensi castagneti tra felci e funghi bianchi che mi arrivavano al naso; ricordo la passione con la quale, dopo avermi armato di bastone, mi raccontava, camminando, di storie fatte di personaggi ed animali dei monti che catturavano talmente la mia attenzione da farmi accelerare il passo in maniera da non perderne una sola parola: cosi’ ho acquisito, come tanti penso di voi in maniere piu’ o meno simili, la passione per la natura ed i monti in particolare.
Da allora nulla della mia passione e’ cambiato: passione che, sebbene in sempre poche occasioni, ho cercato di condividere con la mitica Silvia quando, ormai novantenne e dal passo incerto, ha condiviso con me le ultime sue passeggiate nei boschi, ove, su sentieri piu’ consoni al suo incedere, mi premuravo di collocare funghi gia’ raccolti al mattino, per poter gioire della sua gioia allorche’ me li indicava perche’ li raccogliessi! Questi sono i maestri che molti di noi hanno avuto! Questo, l’educazione ed il rispetto, e’ cio’ che fa la differenza! Questo noi dobbiamo sforzarci di tramandare se vogliamo che altri possano apprezzare cio’ che noi dobbiamo con ogni sforzo preservare: grazie nonna Silvia!
Accidenti che emozione….mi è scesa una lacrima….per la nonna Silvia, per il suo sensibile nipote e per il nostro stupendo Appennino!!! Grande Frà Ranaldo!!! E grazie!!!